“CARNE DI QUALITÀ: CHI DICE CHE COSTA TROPPO, NON SA DI COSA PARLA”. La carne del suino cinto ha un colore rosso più marcato e va trattata in modo diverso da quella del suino “normale”, sia nella cottura sia nella salatura. Assume il sale in quantità maggiore: insomma, non ha bisogno di essere speziata, né salata molto.
Il sapore è intenso, sia negli arrosti sia nei salumi. Chi ami il prosciutto dolce magari è più «diffidente», ma basta il giusto abbinamento, che la Cinta sa farsi apprezzare.
Uno dei suoi punti di forza è il grasso, molto saporito a sua volta e – assicurano produttori ed esperti – non “pesante”.
«Dalla nascita del maiale al momento in cui il prosciutto di Cinta è pronto passano 4-5 anni – spiegano alcuni tecnici del Consorzio -. I guadagni non sono altissimi, ma per gli allevatori conta molto anche la passione».
Il Consorzio ha le idee chiare su chi contesta alla Cinta un prezzo alto: “Chi dice che costa troppo, non sa di cosa sta parlando. …La carne fresca arriva al negozio accompagnata da una fascetta con un sigillo bianco. Sul salume c’è un sigillo ad hoc. Troppo spesso si trovano negozianti che rifilano un prodotto non originale. E il consumatore resta scontento, pensando di aver mangiato Cinta senese». La tracciabilità della carne c’è ed è garantita da un bollino consortile. Quindi – occhio al bollino e Buon Appetito!
UN ANIMALE ALLO STATO BRADO. Il Suino cinto è un animale autoctono: è ritratto ad esempio in affreschi trecenteschi a Siena. Rispetto al maiale Large White, il più diffuso in Italia, le dimensioni dei capi Cinta sono inferiori. Una scrofa partorisce 8-10 piccoli all’anno, contro i 25 dei Large White. I capi di Cinta non vivono in porcilaie, ma sono allevati al pascolo. Sul dorso hanno una sorta di striscia bianca, simile a una cintura… da qui il nome «Cinta». Mangiano foglie, erba, ghiande, olive – ne vanno pazzi -, oltre a un mangime di cereali locali, che non può superare il 50% dell’alimentazione complessiva. Alla fine degli anni ’70 c’erano due verri e 20 scrofe in tutta la Toscana. Poi è iniziato il recupero ed è stato riaperto l’albero genealogico, chiuso 5 anni fa. Questo significa che la razza è stata recuperata.